Sulle vie del sale

Ruolo Fondamentale del Sale

La diffusione del sale nel Tigullio inizia sin dai più antichi insediamenti. Il sale era un elemento indispensabile sia per l’alimentazione che per la conservazione dei cibi.

 

Età del Ferro e del Bronzo:

La presenza a Chiavari di comunità dell’età del Ferro indica che qui c’era la disponibilità d’acqua dolce e che era facile, appunto, ricavare sale marino. A questo riguardo studi recenti hanno ipotizzato che gli strati su cui è fondata la necropoli preromana di Chiavari (il così detto cocciopesto), appartenenti all’età del Bronzo finale (circa XI sec. a.C.), potrebbero appartenere a contenitori per la bollitura dell’acqua marina e al preparazione di salamoie e sale.

Produzione e Utilizzo Antico

Il prezioso e indispensabile elemento poteva essere prodotto per evaporazione termica o direttamente raccolto nelle scogliere ancora oggi denominate “Gruppu da Sâ”. Queste scogliere a ovest di Chiavari sono caratterizzate da infiniti anfratti colmati dalle acque durante le mareggiate. Il successivo irradiamento solare le fa evaporare, depositando il sale nelle nicchie degli scogli. Questa zona, ai piedi dell’attuale collina delle Grazie, era anche l’antica cava di trovanti utilizzati per la costruzione delle tombe della necropoli preromana e dunque, probabilmente, la comunità conosceva questi depositi naturali di sale e se ne serviva.

 

Le vie commerciali e il contrabbando

È ampia la documentazione d’archivio che richiama il contrabbando, in particolare lungo le “Vie del sale”, un termine preciso per indicare i tragitti appenninici che collegavano la costa e il territorio genovese (dove il sale arrivava via mare da Spagna, Francia e Sardegna) e le comunità interne, dove li sale era richiesto in grandi quantità. Le “Vie del sale” costituiscono questi percorsi e prendono il nome dalle aree verso cui erano diretti i rifornimenti: le vie emiliane, le tosco-emiliane, le piemontesi e, nell’estremo ponente, quelle alpine. 

 

Nel Tigullio, superato il primo Appennino, si attraversava la Fontanabuona e si proseguiva dai diversi accessi verso le aree montane più profonde: verso la zona di Lumarzo e il passo della Scoffera, da Roccatagliata di Neirone al passo del Portello, da Favale al Scoglina con possibilità di procedere verso Barbagelata o Ventarola. Nella valle dello Sturla, proseguendo dopo Borzonasca, si raggiungeva il Bozzale e passo Rocche, oppure da Mezzanego si proseguiva verso il passo del Bocco. In val Graveglia, attraversando il territorio di Ne, si superava Arzeno e si giungeva al passo del Biscia. Da Sestri Levante si risaliva il primo versante appenninico da Velva e si continuava per la valle del Vara; da Varese Ligure si risaliva verso il passo di Centocroci. Erano tutte viabilità consolidate da secoli di commerci.

 

Presso i valichi sono ancora presenti edifici doganali per controllare i traffici, ma il contrabbando del sale sapeva come superarli, seguendo precise varianti, con depositi per trasbordi, per aggirare le verifiche di dogana.

 

Importanza Culturale e Culinaria

Lungo le Vie del Sale viaggiavano anche le arbanelle con le acciughe pescate (da San Pietro a metà luglio, secondo la tradizione) e salate sulle coste del Tigullio, raggiungendo zone lontane e contaminando altre cucine. Un esempio eccellente è la piemontese “bagna cauda”, una salsa ottenuta dall’amalgama d’olio, aglio e acciughe, posta calda nel mezzo del tavolo e nella quale i commensali intingono le verdure di stagione.

Fonti

Viarengo G., “L’Albero della Cuccagna. Paesaggio, alimentazione e cucina nella Liguria di Levante”, Chiavari, Internòs, 2023

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