Le strade strette e tortuose, costruite per valicare le asperità di una Liguria impervia, si rivelarono presto inadatte e insicure per il trasporto di materiali delicati e pesanti quali l’ardesia. Quando l’Impero Romano crollò, la celebre Via Aurelia e altre strade carrozzabili divennero quasi impraticabili. Nei secoli medievali e moderni, con le vie di comunicazione terrestri spesso impraticabili e insicure, il mare divenne arteria vitale per il trasporto di questa preziosa pietra, fino alla fine del XIX secolo.
La vecchia industria dell’ardesia, specialmente quella del Monte San Giacomo, dipendeva dalla navigazione per la distribuzione a medio e lungo raggio. L’ardesia ligure, quindi, trovava la sua diffusione principalmente lungo la costa, con poche incursioni nell’entroterra. I vicini Appennini erano un ostacolo insormontabile, ma via mare, da Lavagna, la pietra poteva raggiungere terre lontane.
Pur non avendo un porto commerciale, Lavagna si adattò alla situazione con l’uso dei leudi: piccole imbarcazioni leggere e a basso pescaggio, perfette per essere tirate in secca in caso di burrasca. Questi scafi, però, avevano capacità di carico limitata, costringendo spesso a trasbordi presso scali intermedi come Camogli. Il vero cuore del commercio era il porto di Genova, dove le ardesie stazionavano prima di essere rivendute dai commercianti all’ingrosso.
Ogni imbarcazione destinata al trasporto dell’ardesia compiva circa trenta viaggi all’anno. Le mete principali erano Genova, Savona, Sanremo, La Spezia, Carrara, da dove venivano importati mattoni, marmi e rifiuti organici utilizzati come concime. Lavagna accoglieva anche numerosi bastimenti da diverse località, pronti a caricare ardesia.
Non era solo il trasporto diretto a fare la fortuna del commercio dell’ardesia. I commercianti di Lavagna spesso scambiavano la pietra con generi alimentari in città come Livorno, Civitavecchia e Nizza. Da Genova, il centro del commercio a lungo raggio, le lastre di ardesia si diffondevano fino a Napoli, Trieste, Corsica, Francia, Portogallo, Tunisi, Algeri, Costantinopoli, Odessa e persino in America.
Attraverso questi viaggi e scambi, l’ardesia ligure non solo superava le barriere geografiche, ma si inseriva in una rete commerciale internazionale, portando con sé un pezzo della Liguria in ogni angolo del mondo. Ogni lastra, trasportata con fatica e determinazione, raccontava la storia di una terra e di un popolo che avevano saputo trasformare le sfide del loro territorio in un’opportunità di prosperità e connessione globale.
Beniscelli G., “Ardesia: pietra di Liguria”, Genova, SIAG, 1972
Porcella M., “Gli uomini dell’ardesia”, in Centro di Documentazione della Civica Biblioteca di San Colombiano Certenoli (a c. di), “L’ardesia della Fontanabuona e le sculture di Pietro Burzi”, Chiavari, Grafica Piemme, 2017, collana “Quaderni del Lascito Cuneo”
Savioli L., “Tradizione e storia della lavagna”, in Mannoni T. (a c. di), “Ardesia. Materia, Cultura, Futuro”, Genova, Sagep Editrice, 1995
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