La coltivazione dell’ardesia

Metodo di Coltivazione dell’Ardesia: “A Camere e Pilastri Abbandonati”

Il metodo di coltivazione “a camere e pilastri abbandonati” è una tecnica antica, praticata già in epoca classica, come testimoniano le latomie di Siracusa. Questo metodo consiste nello scavare solo una parte della roccia utile, creando delle “camere di coltivazione”, e lasciando la parte residua come “pilastri abbandonati” per sostenere gli strati rocciosi sovrastanti. Questo approccio, intuitivo per certi versi, doveva essere adattato alle specifiche condizioni locali, che comprendevano:

  • Qualità e resistenza delle rocce sovrastanti
  • Disponibilità di energia
  • Presenza di fratture naturali e acque infiltrate
  • Esigenze dell’agricoltura

 

Adattamenti Locali

In Liguria, le condizioni specifiche come la scarsa qualità delle rocce incassanti, la presenza di molte fratture naturali e la necessità di proteggere i terreni agricoli dai detriti, imposero un tipo di coltivazione particolare.

 

Coltivazione Ascendente

Questo metodo, noto come coltivazione ascendente, procedeva dal “letto” dello strato ardesiaco (detto “soglia”) verso l’alto, fino al “tetto” della cava. Questo sistema permetteva di:

  • Accumulare le acque di infiltrazione in basso, mantenendo il piano di lavoro asciutto.
  • Lasciare che i detriti cadessero sul posto, riducendo la necessità di trasporti onerosi.
  • Ritagliare e far cadere i pesanti blocchi di ardesia sui detriti già sistemati, facilitando la successiva lavorazione.

 

Meriti e Difficoltà

L’applicazione e lo sviluppo del metodo “a cielo” sono attribuiti ai cavatori di Cogorno. Questo metodo, per quanto geniale, presentava notevoli difficoltà:

  • Rischi Fisici: I lavoratori dovevano affrontare il pericolo costante di essere schiacciati da blocchi di roccia che potevano staccarsi in modo prematuro e inatteso.
  • Disagio Fisico: Lavorare con le braccia alzate sopra la testa era estremamente faticoso, una condizione descritta con il termine “giamin”, che in lingua contadina significa fatica eccessiva e lavoro sacrificato e penoso.

Il metodo “a camere e pilastri abbandonati” rappresentava una soluzione ingegnosa alle sfide dell’estrazione dell’ardesia, adattandosi alle condizioni locali e minimizzando alcuni dei rischi associati al lavoro in sotterraneo. Tuttavia, rimaneva un compito arduo e fisicamente impegnativo per i cavatori, che dovevano affrontare sia i pericoli immediati sia il disagio continuo del lavoro.

 

Fonti

Porcella M., “Gli uomini dell’ardesia”, in Centro di Documentazione della Civica Biblioteca di San Colombiano Certenoli (a c. di), “L’ardesia della Fontanabuona e le sculture di Pietro Burzi”, Chiavari, Grafica Piemme, 2017, collana “Quaderni del Lascito Cuneo”

Savioli L., “Tecniche di produzione e lavorazione”, in Mannoni T. (a c. di), “Ardesia. Materia, Cultura, Futuro”, Genova, Sagep Editrice, 1995

Fonti

Porcella M., “Gli uomini dell’ardesia”, in Centro di Documentazione della Civica Biblioteca di San Colombiano Certenoli (a c. di), “L’ardesia della Fontanabuona e le sculture di Pietro Burzi”, Chiavari, Grafica Piemme, 2017, collana “Quaderni del Lascito Cuneo”

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