Il metodo di coltivazione “a camere e pilastri abbandonati” è una tecnica antica, praticata già in epoca classica, come testimoniano le latomie di Siracusa. Questo metodo consiste nello scavare solo una parte della roccia utile, creando delle “camere di coltivazione”, e lasciando la parte residua come “pilastri abbandonati” per sostenere gli strati rocciosi sovrastanti. Questo approccio, intuitivo per certi versi, doveva essere adattato alle specifiche condizioni locali, che comprendevano:
In Liguria, le condizioni specifiche come la scarsa qualità delle rocce incassanti, la presenza di molte fratture naturali e la necessità di proteggere i terreni agricoli dai detriti, imposero un tipo di coltivazione particolare.
Questo metodo, noto come coltivazione ascendente, procedeva dal “letto” dello strato ardesiaco (detto “soglia”) verso l’alto, fino al “tetto” della cava. Questo sistema permetteva di:
L’applicazione e lo sviluppo del metodo “a cielo” sono attribuiti ai cavatori di Cogorno. Questo metodo, per quanto geniale, presentava notevoli difficoltà:
Il metodo “a camere e pilastri abbandonati” rappresentava una soluzione ingegnosa alle sfide dell’estrazione dell’ardesia, adattandosi alle condizioni locali e minimizzando alcuni dei rischi associati al lavoro in sotterraneo. Tuttavia, rimaneva un compito arduo e fisicamente impegnativo per i cavatori, che dovevano affrontare sia i pericoli immediati sia il disagio continuo del lavoro.
Porcella M., “Gli uomini dell’ardesia”, in Centro di Documentazione della Civica Biblioteca di San Colombiano Certenoli (a c. di), “L’ardesia della Fontanabuona e le sculture di Pietro Burzi”, Chiavari, Grafica Piemme, 2017, collana “Quaderni del Lascito Cuneo”
Savioli L., “Tecniche di produzione e lavorazione”, in Mannoni T. (a c. di), “Ardesia. Materia, Cultura, Futuro”, Genova, Sagep Editrice, 1995
Porcella M., “Gli uomini dell’ardesia”, in Centro di Documentazione della Civica Biblioteca di San Colombiano Certenoli (a c. di), “L’ardesia della Fontanabuona e le sculture di Pietro Burzi”, Chiavari, Grafica Piemme, 2017, collana “Quaderni del Lascito Cuneo”
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